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Diritto fallimentare: tutto quello che devi sapere

Il diritto fallimentare è la branca del diritto che si occupa delle procedure concorsuali, ovvero delle procedure di ripartizione dell’attivo di un imprenditore divenuto insolvente all’interno di un concorso dei creditori. Tuttavia, le evoluzioni nel tempo di questa branca e l’avvicinamento ai modelli anglosassoni hanno portato il diritto fallimentare ad occuparsi della protezione generale delle imprese in crisi, trasformandolo dunque nel diritto della gestione e della risoluzione delle crisi aziendali. Inoltre, è stato anche introdotto il concetto peculiare di esdebitazione, per il quale un debitore meritevole ha la possibilità di veder cadere le sue obbligazioni e ritornare alle sue attività produttive.

Diritto fallimentare: cosa rappresenta il Fallimento

Possiamo dunque dire che questa branca disciplina, insieme ad altre questioni minori in primo luogo, il Fallimento. Nell’ordinamento italiano, il Fallimento rappresenta una procedura concorsuale di tipo liquidatorio, il cui scopo è soddisfare un o più creditori attraverso la liquidazione del patrimonio dell’imprenditore commerciale. Naturalmente, si può ricorrere a questa procedura solo in presenza di determinate condizioni, trattandosi di una procedura finalizzata ad accertare lo stato di insolvenza di un imprenditore, i crediti vantati nei suoi confronti e la loro liquidazione. Tuttavia, esistono anche delle alternative per risolvere la crisi aziendale, attraverso accordi tra imprenditore e creditore: si può infatti optare per un concordato preventivo, per una ristrutturazione aziendale o per una richiesta di amministrazione controllata.

Generalmente, il diritto fallimentare è dunque collegato ai più ampi settori del diritto privato e del diritto commerciale. Ciò nonostante, per l’ampio spazio di interpretazione che caratterizza le norme di questo settore, il diritto fallimentare è spesso ricondotto anche al diritto pubblico.

Le fonti del diritto fallimentare

Il diritto fallimentare ha origine nel Regio Decreto 16 marzo 1942 n. 267. Per tutta la seconda metà del XX secolo, le modifiche al Decreto si sono concentrate unicamente su aspetti minori e si sono verificate principalmente in seguito a dichiarazioni di incostituzionalità da parte della Corte costituzionale. È con il Decreto Legge 14 marzo 2005 n. 35 che si verifica una svolta nel processo di rinnovamento, persino di concetti importanti come il concordato preventivo e il principio della par condicio creditorum, attenuato dopo il decreto. La riforma vede un’ulteriore svolta con il Decreto Legge n. 5 del 9 gennaio 2006, con importanti modifiche relative a:

  • Un maggior numero di soggetti esenti dall’applicabilità dell’istituto del fallimento
  • Un accorciamento dei tempi grazie a procedure ridotte
  • Un ruolo maggiore assegnato al curatore fallimentare e al comitato dei creditori
  • L’introduzione della già citata esdebitazione

Per maggiori informazioni, vi indirizziamo alla pagina Wikipedia sul diritto fallimentare.

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